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 IL TORTO PIU GRAVE

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MessaggioTitolo: IL TORTO PIU GRAVE   IL TORTO PIU GRAVE Icon_minitimeLun Mar 03, 2008 4:11 pm

Forse il torto più grave che gli indiani abbiano mai patito è il modo in cui fu trattata la nostra tribù dalle truppe degli Stati Uniti intorno al 1863. Il capo della nostra tribù, Mangus-Colorado, andò a concludere un trattato di pace per il nostro popolo con l'abitato bianco di Apache Tejo, nel Nuovo Messico. Ci era stato riferito che i bianchi di quel paese erano meglio disposti e più leali di quelli dell' Arizona, che avrebbero mantenuto i patti e che non avrebbero fatto torti agli indiani.
Mangus-Colorado, con tre altri guerrieri, andò a Apache Tejo e ebbe un colloquio con quei cittadini e quei soldati, i quali gli dissero che, se fosse andato a abitare con la sua tribù vicino a loro, gli avrebbero consegnato, da parte del governo, coperte, provviste, carne, e ogni sorta di viveri. Il nostro capo promise di ritornare a Apache Tejo due settimane dopo. Giunto al nostro villaggio, radunò in consiglio l'intera tribù. lo, non credendo che la gente di Apache Tejo fosse disposta a fare ciò che aveva promesso, mi opposi al progetto. Ma fu stabilito che una parte della tribù, insieme con Mangus-Colorado, ritornasse a Apache Tejo a ricevere quell'assegnazione di razioni e di forniture. Se queste avessero corrisposto alla descrizione e se quei bianchi avessero rispettato lealmente il patto, il resto della tribù avrebbe raggiunto Mangus-Colorado e noi ci saremmo stabiliti per sempre a Apache Tejo. lo ebbi !'incarico di restare al comando della parte della tribù che si fermava in Arizona. Demmo quasi tutte le nostre armi e munizioni a quelli che andavano a Apache Tejo, perché fossero pronti a affrontare ogni sorpresa, nel caso che vi fosse tradimento. Mangus-Colorado e press' a poco la metà della nostra gente partirono per il Nuovo Messico, felici di aver trovato finalmente dei bianchi ben disposti verso di loro, con cui vivere in pace e nell'abbondanza.
Non ci giunse mai nessuna notizia da loro.
Ma da altre fonti fummo informati che erano stati catturati a tradimento e massacrati. Non sapendo come comportarci in questo dilemma, nel timore che le truppe che li avevano catturati ci attaccassero, ci ritirammo sulle montagne vicino a Apache Passo Nelle settimane successive alla partenza del nostro popolo eravamo stati in ansia e, non avendo pensato a procurarci viveri, avevamo esaurito tutte le nostre scorte di cibo. Questo fu un altro motivo per spostare il campo. Durante questa ritirata, mentre ci trovavamo in montagna, avvistammo quattro uomini con una mandria. Due di loro erano davanti con un carrozzino, due dietro a cavallo. Li ammazzammo tutti e quattro, ma non li scotennammo. perché non erano guerrieri. Conducemmo il bestiame nelle nostre montagne, ponemmo il campo e incominciammo a macellare il bestiame e a insaccare le carni.
Prima che finissimo questo lavoro fummo sorpresi e attaccati da truppe degli Stati Uniti, che abbatterono in tutto sette indiani: un guerriero, tre donne e tre bambini. Le truppe del governo erano a cavallo, e lo eravamo anche noi, ma noi avevamo poche armi, perché le avevamo date quasi tutte alla parte della tribù che era andata a Apache Tejo. Combattemmo dunque soprattutto con lance, archi e frecce. Da principio avevo una lancia, un arco e qualche freccia; ma in breve terminai tutte le frecce e rimasi senza lancia. Una volta fui accerchiato, ma, gettandomi da una parte e dall'altra del cavallo per schivare i colpi, scappai al galoppo. Durante questo scontro molti guerrieri furono obbligati a lasciare i cavalli e a fuggire a piedi. Essendo invece il mio cavallo addestrato a ubbidire alla mia chiamata, appena mi trovavo in un posto sicuro, se non ero inseguito troppo da vicino, lo facevo venire da me. Durante questo combattimento ci sparpagliammo in tutte le direzioni e due giorni più tardi ci ritrovammo riuniti in un luogo di raduno prestabilito, a un'ottantina di chilometri dalla scena della battaglia.
Circa dieci giorni dopo, le medesime truppe degli Stati Uniti assalirono il nostro nuovo accampamento all'alba. Il combattimento durò tutto il giorno: ma fin dalle dieci del mattino le nostre lance e le nostre frecce erano finite, e per tutto il resto del tempo non ci rimasero che pietre e bastoni per lottare. Con tali armi non ci fu possibile infliggere grandi danni al nemico; nella notte spostammo l'accampamento di circa sei chilometri nell'interno delle montagne, dove la cavalleria avrebbe fatto fatica a inseguirci. Il giorno dopo gli esploratori che avevamo lasciato dietro di noi a osservare i movimenti dei soldati vennero a riferirei che le truppe erano tornate verso la riserva di San Carlos.
Pochi giorni dopo questi avvenimenti, fummo di nuovo attaccati da un altro reparto di truppe statunitensi. Appena prima del combattimento eravamo stati raggiunti da una banda di indiani chokonen guidati da Cochise che prese il comando di tutte e due le tribù. Fummo messi in fuga e stabilimmo di disperderei.
Dopo aver sciolto la tribù, gli apache bedonkohe si radunarono di nuovo vicino alloro vecchio accampamento, aspettando invano il ritorno di Mangus-Colorado e dei suoi compagni. Non arrivarono altre notizie che quelle del loro massacro a tradimento. Allora fu tenuto un consiglio e, poiché ormai eravamo convinti della morte di Mangus-Colorado, fui eletto capo tribale.
Per molto tempo non fummo molestati da nessuno. Più di un anno dopo la mia nomina a capo tribale, le truppe degli Stati Uniti attaccarono di sorpresa l'accampamento. Uccisero sette bambini, cinque donne,. quattro guerrieri, si impadronirono di tutte le nostre scorte, coperte, cavalli e vestiario, e distrussero i nostri tepee.
Non ci rimase nulla. L'inverno si avvicinava, e fu l'inverno più freddo che io abbia mai visto.
Quando i soldati .si ritirarono, presi con me tre guerrieri e seguii le loro tracce. Quelle tracce portavano verso San Carlos.
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