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Di tutto un po'.. rubacchiato nell'etere o improvvisato al momento ^^
 
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 Le chiese

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MessaggioTitolo: Le chiese   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:03 pm

La Basilica di San Martino



L’antica Chiesa di San Martino (situata nella Piazza San Martino – oggi Piazza Kennedy), col passar del tempo e con l’espandersi dell’agglomerato urbano, era ormai divenuta insufficiente alle necessità spirituali dell’accresciuta popolazione di Magenta. Il fatto che nelle sue navate furono ospitati i feriti della memorabile Battaglia del 4 giugno 1859, fece nascere nella mente di Don Cesare Tragella, divenuto Prevosto di Magenta nel 1885, l’idea di edificare un nuovo Tempio avente, tra l’altro, lo scopo di onorare la memoria dei caduti senza distinzione di parte. Per questa ragione il Prevosto Tragella ricorse agli aiuti finanziari dei tre Stati interessati, recandosi personalmente a Roma, a Parigi ed a Vienna. Ma l’apporto maggiore fu dato dalla popolazione magentina di ogni ordine e grado. E’ provato che la Signora Angelina Fornaroli, vedova Marinoni, cedette a tale scopo un complesso di case coloniche compreso tra l’attuale Via Roma (allora Via Madonna) e Via S. Crescenzia, avente un fronte di circa cinquanta metri, nella posizione cioè dove sorge l’attuale Basilica. Progettista fu l’architetto Perrucchetti di Milano, il quale, utilizzando lo spazio disponibile, tracciò le linee perimetrali per una lunghezza di m.83 ed una larghezza al transetto di m.30. Animatore ed organizzatore dei servizi e questue destinate a realizzare il progetto, fu Don Antonio Bargne, mentre giornate di lavoro gratuite furono donate da possessori di carri e carrette che trasportavano il materiale necessario. Nell’anno del Signore 1893, alla presenze delle II.EE. Mons. Angelo dei Marchesi Mantegazza, Ausiliare di S.E. l’Arcivescovo di Milano e Mons. Merizzi, Vescovo di Vigevano, si procedette alla posa della prima pietra. Occorsero dieci anni per la costruzione del maestoso Tempio considerato, a quell’epoca, il più vasto della Diocesi dopo il Duomo di Milano. Nella prima notte del nostro secolo Don Tragella celebrò, su un altare provvisorio, la prima Santa Messa propiziatrice per la buona riuscita dell’opera considerata una costruzione ardita per i tempi che correvano ed i mezzi, non certo abbondanti, reclutati in una popolazione ricca solo di entusiasmo e di capacità lavorativa. Dopo la parte muraria, si dovette pensare a quella decorativa ed arredamentale. Profusero, a tal fine, i tesori del loro ingegno, il celebre cesellatore Bellesio, per quanto riguarda gli altari; per l’organo dei Fratelli Prestinari (della vecchia Chiesa di S.Martino) e gli stalli, si ricorse ai pregevoli intarsi del Corneo, mentre al Prof. Valtorta ed ai suoi discepoli Cavenaghi, Gemoli e Secchi, si attribuisce l’esecuzione degli affreschi e le decorazioni quali si rilevano nell’attuale stato, peraltro "rinverditi" durante le successive missioni pastorali. Il Tempio fu consacrato, con solenne cerimonia, il 24 ottobre 1903 dal Cardinal Andrea Ferrari, Arcivescovo di Milano. Furono tre giorni di festa e Magenta fu meta di Autorità e di personalità che, con la loro presenza, diedero lustro e decoro al fausto avvenimento.
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MessaggioTitolo: Il Monastero di Santa Maria Assunta   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:05 pm

Il Monastero di Santa Maria Assunta


La data di fondazione del MONASTERO DI S. MARIA ASSUNTA DEI PADRI CELESTINI in Magenta non è riportata in alcun documento archivistico. Peraltro le scarse notizie riguardanti l’esistenza del Monastero nel periodo storico antecedente al XVI secolo sono di P.PARODI. Secondo questo autore la fondazione risale alla seconda metà del XIV secolo e due sono le notizie che lo fanno supporre: nel 1398 il Monastero è riportato tra “le domus della Pieve di Corbetta come Ecclesia Sanctae Mariae Celestinorum de Mazenta” e, sempre nel 1398, la Chiesetta di S. Maria dei Celestini viene stimata in Lire 20 e Soldi 17. La costruzione del campanile, ancora oggi in buono stato di conservazione e manutenzione, è fatta risalire, sempre dallo stesso Parodi, alla fine del secolo XV. La Chiesa di S. Maria Assunta, che risulta la seconda della città per ampiezza, dopo la Basilica di San Martino, è ad un’unica navata, costituita da cinque campate coperte da volte a crociera; la copertura a volta originaria non era però in cotto, bensì composta da canne, sostenute dall’intelaiatura portante del tetto, costituita a sua volta da capriate lignee. Su entrambi i lati longitudinali si trovano sette cappelle con altari dedicati e due cappelle senza altari dove sono stati collocati a destra l’organo ed a sinistra un pulpito in legno lavorato; queste cappelle hanno un’altezza inferiore rispetto alla nave della Chiesa e sono coperte con una volta a botte. Una balaustra immette nel presbiterio. Le parti architettoniche della Chiesa furono man mano restaurate in diverse occasioni. Attualmente l’unica volta a crociera originaria è quella della copertura della sacrestia nuova, sul lato sinistro del coro. La volta dell’unica navata, crollata in parte nel 1937, è stata rifatta negli anni 1939-39: la nuova copertura, a botte, con unghie in prossimità delle finestrelle che si affacciano sopra il tetto delle cappelle, è stata eseguita in laterizio armato. Pure di questo periodo è la nuova copertura, realizzata in legno e tegole. La sistemazione esterna della facciata è del 1938. Del 1939 risulta essere anche l’acquisto del coro “ in legno di noce massiccio” e l’ultimazione della pavimentazione interna in “marmette a mosaico…” Tra le pregevoli opere conservate in questo sacro edificio si segnala:

-nella prima cappella a ds: “Il trionfo dell’Eucarestia”- una tela del XVII secolo
-nella seconda cappella a ds: “L’adorazione dei Magi” di ignoto pittore che presenta reminiscenze correggesche
-nella terza cappella a sn le opere più prestigiose dal punto di vista artistico, due tavole del 1501 “Cristo alla colonna” ed un “Ecce Homo” di AMBROGIO DA FOSSANO detto il BERGOGNONE (1453 ? - Milano 1523). Le tavole sono inserite nel polittico cinquecentesco attribuito a BERNARDO ZENALE (Treviglio 1450 ca - Milano 1526).

I pannelli laterali del Bergognone sono stati collocati nell’ancona in un momento successivo, probabilmente nella seconda metà dell’ottocento, in sostituzione di opere dello Zenale perché distrutte o fortemente degradate. La lunetta sovrastante raffigura il Padre Eterno ed è derivata da una tavola tonda cui in un precedente intervento è stata asportata la parte inferiore che probabilmente rappresentava la Colomba dello Spirito Santo. Gli sfondi delle scene della predella, in origine in foglia d’oro che, con la punzonatura del fondo creava un suggestivo gioco di luci e ombre, è stato dipinto con azzurrite in un intervento ottocentesco.
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MessaggioTitolo: La Chiesa di San Rocco   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:06 pm

Non si possiedono notizie sulla data di fondazione della Chiesa di S. Rocco, ma, se si parte dal presupposto che Goffredo da Bussero non cita questo edificio nel suo "LIBER NOTITIAE SANCTORUM MEDIOLANI" della fine del XIII secolo e che nella Visita, compiuta dall'Arcivescovo Gabriele Sforza il 19 maggio 1455, non viene menzionato, si desume che la sua origine risale alla seconda metà del XV secolo, periodo in cui in Italia si diffonde il culto dei SS. Rocco e Sebastiano, protettori contro la peste. Il primo documento che ne riporta l'esistenza, comunque, è datato 27 agosto 1524 ed è il testamento del nobile Antonio Capelli di Chieri, il quale lascia a questa Chiesa parte delle sue sostanze. E' del XVI secolo la prima descrizione sommaria dell'edificio, che viene chiamato Oratorio e del quale si dice che è stato eretto dalla devozione degli uomini; in esso gli abitanti del luogo fanno celebrare ogni giorno la S. Messa . La Chiesa, dunque, essendo di fondazione popolare, non possiede alcun reddito ed è sostenuta solo dalla spontanea iniziativa dei fedeli; nel 1567, però, durante la Visita di Padre Leonetto Chiavone alla Pieve di Corbetta, viene trovata diroccata, aperta, senza altare e bisognosa di restauro immediato. In essa, perciò, a partire dal 1571, viene eretta la Scuola dei Disciplinati, intitolata al SS. Sacramento e fondata dallo stesso S. Carlo Borromeo, la quale, avvalendosi di elemosine e di contributi straordinari, deve ottemperare alle necessità della Chiesa.

E' importante notare come questo edifìcio sacro abbia avuto, durante tutto il suo corso storico, una evoluzione molto diversa da quella delle altre Chiese del Magentino. Innazitutto esso non possedeva redditi, legati e cappellanìe varie e questo, se la rendeva sicuramente più vicino alla popolazione contadina che al ceto nobiliare, gli impediva, però, di avere quelle sovvenzioni sicure e regolarì che avrebbero permesso una manutenzione costante ed accurata. Le riparazioni necessarìe, invece, vengono effettuate attraverso gli anni, quando le elemosine e la manodopera, gratuitamente prestata dalla popolazione, rendono possibile un intervento.

Nella Visita Pastorale del 1581 si ha una descrizione dettagliata del fabbricato, che sorge vicino ad una piazza grande; esso è composto da un'unica navata ed ha un solo altare, molto angusto e posto in una cappella rivolta ad Est, accanto alla quale si trova un campanile quadrato con una sola campana. Si segnala, inoltre, la presenza di una statua raffigurante S. Rocco, di un dipinto che riproduce l'immagine della Beata Vergine Maria con il Figlio ed i SS. Rocco e Sebastiano e dì un coro pensile in legno, nel quale i Disciplinati si radunano per recitare i Vesperí nei giornì di festa.
L'edificio in questo periodo viene completato e riparato secondo le disposizioni di S.Carlo, tanto che nella Visita di Monsignor Salò del 1592 viene descritto come un luogo ben tenuto, addirittura decorato.

Da piccolo Oratorio campestre rivolto ad Oriente, quale era agli inizi del XVI secolo, l'edificio, alla fine del 1500, soprattutto dopo la realizzazione delle disposizioni di S. Carlo, si ingrandisce e subisce delle trasformazioni, in quanto alla costruzione originaria, identificabile con l'attuale presbiterio, si aggiunge un corpo, suddiviso in tre navate; in seguito a tali cambiamenti l'edificio risulta orientato a Mezzogiorno.

Durante tutto il XVII secolo si continua l'opera di abbellimento della Chiesa stessa, che comporta necessariamente continue modifiche interne.

In una Visita del 1701 si rileva la presenza nella Chiesa di una cappella intitolata a S. Giovanni Battista , mentre risale a due anni più tardi il riconoscimento ecclesiastico delle reliquie dei SS. Silvano e Simpliciano, conservate ed esposte alla venerazione dei fedeli in questo Oratorio.
Nel 1706, in seguito alla visita di Monsignor Mario Corradi, si ha l'elencazione degli altari che si trovano in S. Rocco: l'altare Maggiore e gli altari laterali della Beata Vergine Maria dei Miracoli, di S. Giovanni Battista e di S. Sebastiano. Nella stessa Visita si descrive anche il terzo corpo aggiunto all'edificio; questo consiste in un nuovo coro a semicerchio, situato dietro l'altare Maggiore e destinato, come il precedente, alla recitazione festiva degli Uffici; si può ipotizzare che tale ulteriore ampliamento si sia reso necessario non solo per adeguare l'edificio ai canoni architettonici allora vigenti, ma anche per aumentarne la capienza, in quanto la Confraternita durante il XVIII secolo vede un costante incremento dei propri adepti. La Chiesa, nonostante le precedenti modifiche, presenta ancora un'unica navata, poichè le due navate laterali vengono destinate a contenere i nuovi altari, perdendo così la loro funzione originaria. Il campanile possiede ora due campane e, per la prima volta, viene menzionata una casa, attigua alla Chiesa e di proprietà dei Disciplinati, nella quale abita il Cappellano che officia nella Chiesa stessa.


Nel 1720 viene benedetto un quinto altare, dedicato alla SS. Trinità, che rende simmetrica la sistemazione interna dell'Oratorio, il quale presenta un altare Maggiore rivolto a Sud, due altari laterali posti ad Oriente ed altri due ad Occidente.

La Visita Pastorale del Cardinal Giuseppe Pozzobonelli, nel 1752, ci fornisce, oltre ad una descrizione dettagliata della Chiesa, un disegno, dal quale è possibile constatare che la struttura della Chiesa ha raggiunto la connotazione che, in linea di massima, conserva ancora oggi: un corpo centrale, composto da tre navate, all'esterno del quale si trovano un piccolo cortile ed un cimitero. Dopo sei anni dalla Visita del 1752 viene smantellato il vecchio altare Maggiore ed al suo posto viene collocato un nuovo altare di stile barocco, che, per le sue decorazioni in marmi policromi e per i due portalini che lo affiancano lateralmente, è considerato unico in Lombardia. Nel 1772 viene realizzata la cappelletta dei morti, dove vengono traslate le salme che riposavano nel cimitero adiacente alla Chiesa.

Non si ha notizia di altre evoluzioni fino alla dominazione austriaca, durante la quale l'edificio viene adibito a ricovero per i militari di passaggio.

In seguito alla soppressione della Confraternita dei Disciplinati, avvenuta alla fine del XIX secolo, l'amministrazione della Chiesa passa alla Parrocchia di S. Martino. Da questo momento S. Rocco diviene Chiesa sussidiaria della Parrocchiale e viene usata solo sporadicamente; questa perdita d'importanza coincide con il suo lento declino.

Negli anni 1950‑1955 Monsignor Crespi promuove un restauro sommario della Chiesa, ma è solo dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale auspica un'azione pastorale maggiormente calata nelle realtà locali, che si decide una sua radicale ristrutturazione, affinché possa essere utilizzata per le esigenze del quartiere nel quale si trova; nel 1978, perciò, don Giuseppe Locatelli commissiona all'architetto Ernesto Puricelli il restauro completo dell'edificio sacro.

Volendo, a questo punto, descrivere la Chiesa così come si presenta oggi, si deve premettere che i continui cambiamenti in essa operati ne rendono difficile una precisa lettura architettonica, in quanto hanno dato luogo a parti con caratteristiche molto dissimili tra di loro.



La facciata dell'edificio sacro, orizzontalmente disposta su due ordini e conclusa da un timpano, è ripartita verticalmente in tre parti da lesene di ordine toscano, conformemente alla regola che vuole i fronti delle chiese in numero dispari con l'ingresso principale al centro; davanti ad essa vi è un protiro, aggiunto successivamente, e nella parte superiore si trova una monofora che illumina la navata. Due piccoli obelischi, infine, ornano la parte superiore dei due estremi laterali della facciata, che risale alla fine del XVI secolo; i raccordi del timpano, la parte sottostante ad esso ed i due obelischi possono dirsi, invece, barocchi.

L'interno, a navata unica, presenta ancor maggiori difformità architettoniche; infatti, la cappella dell'altare Maggiore ed il coro non hanno nulla in comune con il corpo della Chiesa, anche per quanto riguarda la proporzione tra le loro misure. La navata è coperta da una volta a botte, suddivisa in tre campate, e presenta due cappelle per lato, nelle quali vi sono alcune tele settecentesche di ottima fattura, raffiguranti la SS. Trinità, la Vergine con S. Chiara, S. Caterina e S. Giovanni Battista, l'Addolorata e S. Sebastiano. AI di là dell'arco trionfale c'è il presbiterio, di forma molto allungata, con un altare di recente fabbricazione ed un altro altare tardo‑barocco, che delimita il coro posto nell'abside. Sulle pareti del presbiterio vi sono due tele, aventi come soggetto l'una, di ispirazione procaccinesca, la Sacra Famiglia con i SS. Rocco, Carlo e Francesco, e l'altra l'Investitura di un Sacerdote.

Il campanile, ubicato sul lato Est della Chiesa ed iniziato nel XVI secolo, presenta dei rifacimenti nella parte superiore, presumibilmente risalenti al XVIII secolo.

Una nota di particolare attenzione merita l'organo, posto nella cantoria sopra la porta principale, pregevole opera della bottega del magentino Gaetano Prestinari, che porta la data del 18 novembre 1878, scritta a matita su una tavoletta della secreta. E' racchiuso in una semplice, ma elegante, cassa con lesene e dorature, che ne fanno risaltare la facciata, composta di venticinque canne disposte a cuspide, con ali laterali. La disposizione fonica prescelta è quella caratteristica della seconda metà dell'800, con qualche concessione al gusto imitativo degli strumenti d'orchestra. Nel 1978/79, con la sistemazione dell'edificio, si è provveduto anche al restauro completo di questo splendido strumento e di alcune tele, precedentemente giacenti nei depositi della Fabbriceria, probabilmente provenienti dall'antica Prepositurale e dalle altre Chiese minori andate distrutte. Tra esse se ne segnalano due, risalenti al `500, che raffigurano la Madonna tra gli Angeli e la Crocefissione, altre due del `600, che rappresentano le Nozze di Cana e la Madonna con S. Domenico ed alcune settecentesche aventi come soggetto l'Adorazione dei Magi, Santa Maddalena de' Pazzi e l'Angelo Custode.

Si segnala, infine, la presenza in S. Rocco della serie completa delle ventiquattro insegne processionali del Venerdì Santo, in legno dipinto, risalenti al 1700 .


Ultima modifica di il Lun Feb 11, 2008 12:07 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: La Chiesa di San Biagio   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:07 pm

La Chiesa di S. Biagio, inserita attualmente nel complesso architettonico dell'Istituto delle Madri Canossiane in via S. Biagio 16, nel 1567 viene trovata dal Visitatore Delegato chiusa, senza pavimento e senza altare. In essa non si celebra.
Nonostante il Visitatore stesso inviti i Parroci porzionari a provvedere alla sistemazione della Chiesa, in modo da permettere la celebrazione della Messa, il Cardinale Carlo Borromeo, visitandola tre anni dopo, non nota alcun miglioramento nel suo stato.
E' proprio in questa occasione che l'Arcivescovo accenna alle origini della Chiesa, affermando che, secondo quanto gli è stato riportato, in tempi lontani questo luogo di culto, antichissimo, era la Parrocchiale di Magenta, e che da almeno quindici anni è stato completamente rifatto; l'importanza di questo edificio sacro è testimoniata anche dal perseverare della consuetudine di celebrare con solennità la Festa del Santo titolare, in occasione della quale si teneva un pubblico mercato annuale nella piazza adiacente alla Chiesa stessa.

L'affermazione dell'antichità e della funzione primitiva e parrocchiale della Chiesa di S. Biagio, del resto già citata nel "LIBER NOTITIAE", viene confermata anche in altre Visite ed è ulteriormente comprovata dal ritrovamento nel 1884, nell'area accanto alla Chiesa, dove ora sorge l'Istituto delle Madri Canossiane, di resti consistenti di una necropoli galloromana; probabilmente, infatti, come testimonia appunto la sua vicinanza ad una necropoli, la Chiesa di S. Biagio si trova dove un tempo sorgeva un sacello pagano, adibito al culto dei morti, che in seguito venne usato come luogo di culto cristiano con il diffondersi del Cristianesimo.

In seguito ai Decreti del Cardinale Carlo Borromeo si ricomincia a celebrare la Messa nell'Oratorio "campestre" di S. Biagio, così denominato in una visita successiva a causa della sua ubicazione un po' periferica rispetto all'allora centro abitato. Il Sacerdote Pionio nel 1581 rileva, comunque, una sostanziale inadempienza dei Decreti arcivescovili, rimasti inattuati anche negli anni successivi, con conseguente avanzamento dello stato di degrado della Chiesa.


Nel 1597 il Visitatore Delegato Bracciolino trova l'Oratorio in un tale stato di abbandono da fargli dire, ironicamente, che sembra vi abitino dei buoi: l'altare è rotto, così come le porte ed il pavimento, imbrattato di sterco animale. La situazione peggiora negli anni seguenti.

Sono sintomatici a questo proposito alcuni Decreti, datati 1601, in cui il Vicario Foraneo, in tono perentorio, ordina ai Parroci di ammonire il popolo, affinché entro dieci giorni ripari e custodisca la Chiesa, nella quale si commettono "nefandezze e turpitudini", oppure la demolisca, usandone poi i materiali per la costruzione nella Parrocchiale di una cappella dedicata a S. Biagio o a S. Antonio. Ancora una volta, a conferma dell'attaccamento della popolazione magentina, questo Oratorio, che è stato testimone della sua crescita religiosa, non viene distrutto, come invece accade alla Chiesa di S. Antonio, ma ristrutturato, anche se non immediatamente.



Infatti, in occasione della Visita Pastorale del Cardinale Federico Borromeo, si segnala di nuovo che la Chiesa "reducta est ad usus non tam profanos sed etiam sordidos ut in ea quaecumque bestiae retineantur et visa sunt bovina stercora", e, nei Decreti da lui emanati, si ripete l'invito alla demolizione, in modo da poter vendere l'area su cui sorge I' edificio e con il ricavato costruire le cappelle laterali della Chiesa di S. Martino.



Negli anni successivi si continua a manifestare l'esigenza di un intervento risanatore, finché nel 1636 l'Oratorio viene nuovamente riedificato a spese dell'Abate Faustino Mazenta, che nel 1634 aveva incaricato del restauro il " Mastro da Muro" Giuseppe Chiovetta. A riprova dell'importanza dell'operato dell'Abate Mazenta, nella Chiesa di S. Biagio si trova ancor oggi una lapide con la seguente iscrizione: "Oratorium hoc Divo Blasio Faustinus Mazenta Abbas, S. Mariae restauratione completa reaedificavit pro perpetua Missae celebratione dotavit dein undequaque egregie ornatum pro sacris indumentis addito sacello ad Dei ac Divi honorem et gloriam absolvit" .



Con un istrumento, rogato in data 11 luglio 1637, l'Abate Mazenta erige una cappellanìa perpetua in questo Oratorio, con riserva di giuspatronato a favore del più degno o del maggiore d'età dei suoi successori e discendenti in linea maschile, con il patto che detta cappellanìa debba mantenere sempre natura laica e non ecclesiastica, e con la condizione che il titolare sia obbligato a risiedere e ad abitare stabilmente a Magenta, il più vicino possibile all'edificio sacro, per essere pronto a soddisfarne ogni bisogno. Già in quest'epoca, presso S. Bíagio, vi è un'abítazíone con un gíardinetto, il cui usufrutto, unitamente a quello di alcuni possedimenti nella valle del Ticino, per volere del detto Abate è lasciato al Cappellano titolare con l'onere di celebrare quattro Messe alla settimana, compresa quella festiva.

La meritoria opera di restauro e la costruzione di una sagrestia presso la Chiesa, dovute alla prodigalità dell'Abate Mazenta, sono ampiamente elogiate dal Visitatore Delegato del Cardinale Cesare Monti nella sua Visita del 1644, nella quale vengonono menzionate per la prima volta le due tavole ad olio, che ancor oggi sono presenti nell'Oratorio, raffiguranti alcune scene del Martirio del Santo.



Una descrizione dettagliata e completa dell'edificio sacro viene fatta dal Visitatore Corradi nel 1706: l'Oratorio è di forma quadrata con il pavimento in laterizi ed il soffitto a volta, dipinto nel mezzo di celeste e decorato con stelle d'oro; l'altare è collocato in una nicchia a volta e sopra ad esso c'è una tela raffigurante S. Biagio, mentre alle pareti laterali, contornate da cornici scolpite, vi sono le suddette tele con S. Biagio scarnificato e con S. Biagio in carcere. Dalla parte dell'Epistola vi è anche un coro di noce elevato, sotto il quale si apre la porta che, attraverso un corridoio, conduce alla casa del Sacerdote titolare. Sulla parete della porta maggiore sono appesi sette quadri su tela, che riproducono le effigi di Santi, Vergini e Martiri. Il Visitatore, inoltre, ritiene opportuno riferire anche circa lo stato della nuova sagrestia, dove "pende una cordicciola con la quale si suona la campana, situata in un piccolo campanile".



E' interessante ricordare che in questo periodo veniva accordata un'Indulgenza Plenaria a chi visitava la Chiesa dai primi Vespri della Festa di S. Biagio fino al tramonto del sole dello stesso giorno festivo .

Il Cardinale Pozzobonelli nella sua Visita del 1760 non può che constatare il buono stato di conservazione dell'Oratorio, di forma quasi ovale e con un campanile simile ad una piccola torre quadrata, e dell'abitazione del Cappellano, dovuto al costante interessamento dei Marchesi Mazenta.

La Chiesa di S. Biagio, sempre citata nelle successive Visite, non subisce più alcun mutamento archittettonico e giuridico fino al 1879, anno in cui il Marchese Giuseppe Mazenta, morendo, lascia sia l'edificio della Chiesa che la casa del Cappellano con l'annesso giardino all'Ordine delle Figlie della Carità Canossiana, affinché vi possano edificare un Convento.



Con la costruzione del Convento nel 1884, all'interno del quale si trova una Chiesa dedicata all'Addolorata ed utilizzata solo dalle Religiose, il luogo sacro viene chiuso al pubblico e aperto soltanto in occasione della Festa del Santo, come testimoniano i documenti delle Visite Pastorali degli anni seguenti. Si deve, dunque, all'iniziativa delle Madri Canossiane l'attuale stato dell'edificio, recentemente ripulito e restaurato, come pure la continuazione dell'antica tradizione di celebrare solennemente ogni anno, il 3 febbraio, la Festa di S. Biagio e di esporre al bacio dei fedeli le sue SS. Reliquie.



Ora, dunque, la Chiesa presenta una facciata, che si ripete all'estremità settentrionale del Convento delle Madri Canossiane, incorniciata ai lati da due lesene concluse da capitelli e chiusa superiormente da un timpano. Il portale d'ingresso è in stile tipicamente barocco, mentre il resto della facciata è stato rimaneggiato nell' `800 durante i lavori di costruzione del Convento. Anche l'interno è in stile barocco ed ha un'unica navata, che si chiude, dopo una balaustra, con un piccolo presbiterio senza abside, sovrastato da un arco trionfale che riprende la volta a botte della navata stessa.

Le pareti, ripartite da lesene, sono ricoperte da pregevoli quadri ad olio, rappresentanti scene del Martirio del Santo, attribuibili a Melchiorre Gherardini, di cui, come si è detto, si ha notizia già a partire dal `600.

Gli unici rifacimenti sono alcuni affreschi nella volta a botte del presbiterio.
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MessaggioTitolo: Comunità Religiosa Somasca   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:08 pm

Mons. Giuseppe Schiavini, vicario generale della diocesi di Milano il 29 Giugno 1963 pose la prima pietra della Chiesa, che sarà dedicata ai Santi Giovanni Battista e Girolamo Emiliani dal Card. Giovanni Colombo, con decreto del 10 Settembre 1965. La convenzione che affidava ai Padri Somaschi la nuova parrocchia, che nasceva nella nuova zona di Magenta in via di espansione, era sta firmata nel marzo del 1965. Mentre il 10 luglio 1965 Mons. Francesco Bertoglio, nativo di Magenta, benediceva la nuova Chiesa parrocchiale, il 28 Settembre 1980 il Card. Carlo Maria Martini la consacrava.

Fin dagli inizi l'animazione della parrocchia è stata affidata ai Padri Somaschi, che in forza della convenzione fatta tra l'Arcivescovo di Milano e il Provinciale dei Somaschi, viene garantito un numero sufficiente di Religiosi per soddisfare, secondo il carisma di S. Girolamo, le esigenze pastorali della comunità parrocchiale.

A presiedere la comunità si sono succeduti:
P. GianCarlo Casati
(1965 - 1978)

P. Francesco Rigato
(1978 - 1983)

P. Giuseppe Oltolina
(1983 - 1992)

P. Mario Mereghetti
(1992 - 1995)

P. Pietro Redaelli
(1995 - 2001)

P. Gianni Munaretto
(2001 - .......)
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MessaggioTitolo: Sacra Famiglia   Le chiese Icon_minitimeLun Feb 11, 2008 12:09 pm

A Monsignor Terrani, allora prevosto di Magenta, dovevano di certo stare a cuore quelle pecore del suo ovile che, "oltre la stazione", sentiva non solo lontane ma anche destinate ad una rapida espansione. Si rendeva quindi indispensabile la presenza viva del pastore in mezzo a loro o, se non altro, di un luogo perché anch'essi potessero dire: "È la nostra casa". Monsignor Terrani vide realizzato il suo desiderio nel 1963 quando, in occasione delle missioni cittadine, venne inaugurata la nuova chiesa, "oltre la stazione", dedicata alla "Sacra Famiglia", come il quadro sopra l'altare ancora testimonia. Sicuramente fu una grande festa per tutta la parrocchia ed in particolare per tutta la popolazione, alla quale poco importò che la chiesa assomigliasse più ad un'accogliente baita di montagna, completamente in legno, prefabbricata, con tanto di stufa a kerosene, piuttosto che alla chiesa madre. La nuova chiesa venne utilizzata inizialmente solo per la messa domenicale delle 8 del mattino, messa frequentata, fin da subito, da molte persone che rendevano lode al Signore tra lo scricchiolio di qualche asse del pavimento e il crepitio della stufa. Le cose cominciarono a cambiare cinque anni più tardi. Nel 1968 arriva a Magenta Don Angelo Casartelli come coadiutore presso la Basilica di San Martino, ma impegnato presso la chiesa della Sacra Famiglia. Don Angelo trovò casa nella zona "oltre la stazione". La gente era felice perché, insieme all'ovile, ora sentiva di avere anche un pastore. Ma altri cinque anni dovevano passare prima che Don Angelo diventasse pastore a tutti gli effetti. Intanto, con decreto arcivescovile datato 10 Aprile 1972, veniva costituita in cura d'anime indipendente la Parrocchia Sacra Famiglia, nella zona nord del territorio già della Parrocchia di San Martino. Qualche mese più tardi, Sua Emminenza il Cardinale Giovanni Colombo così si rivolgeva a Don Angelo: "Le necessità spirituali della suddetta Parrocchia della Sacra Famiglia impegnano la nostra autorità ordinaria a provvedervi con sollecitudine nel miglior modo possibile e secondo le vigenti norme canoniche". E giacché tu sei risultato idoneo ad essere Parroco, dopo la tua nomina da noi fatta in data 1 giugno 1973 e,dopo avere ora ricevuto la tua professione di fede e giuramenti prescritti, col presente atto ti conferiamo ed assegnamo la cura pastorale della Parrocchia predetta. Da questo momento perciò ti immettiamo a pieno diritto come pastore nella comunità parrocchiale a te assegnata. Questo diritto (omissis) è inscindibilmente congiunto alla missione di maestro della fede, di santificatore, di guida alla salvezza mediante l'autorità pastorale esercitata in spirito di servizio". Grande responsabilità è guidare il popolo di Dio, condividendone le gioie e le pene, le ansie e le speranze solo con l'aiuto della Grazia Divina e a partire da una chiesa di legno. Non a caso la chiesa fu intitolata alla Sacra Famiglia perché, proprio come in una grande famiglia, Don Angelo dovette sentire subito l'affetto che i suoi nuovi parrocchiani dimostravano. I problemi furono molti perché molte erano le esigenze della parrocchia: l'aumento del numero delle Messe festive; la garanzia prima di una e poi di due Messe feriali; la celebrazione di battesimi, matrimoni e funerali; la preparazione dei bambini ai Sacrementi dell'Eucaristia e della Cresima; la visita agli ammalati e altro ancora tra cui, non ultimo, la disponibilità di un luogo di ritrovo che diventasse l'occasione per tutti, dai piccoli ai grandi, di incontro, di dialogo, di divertimento e soprattutto di crescita spirituale. Un locale, in quegli anni, divenne molto frequentato: lo scantinato dell'abitazione di Don Angelo. Tutto avveniva lì: dalle riunioni dei catechisti che svolgevano la catechesi domenicale nella mensa delle scuole elementari agli incontri di preghiera e di meditazione dei tanti giovani che sono passati per la nuova parrocchia; dalle partite a carte alle prove del coretto e del complessino musicale; dai pomeriggi trascorsi a preparare le decorazioni per abbellire la Chiesa alle serate passate intorno al tavolo a dialogare. Sicuramente tutti i giovani di "qualche" anno fa hanno un ricordo legato "alla cantina del prete". In estate le cose andavano meglio: nel parco dietro la chiesa si proiettavano films all'aperto e uno sgabuzzino diventava il bar per gelati e bibite rinfrescanti. Intanto il territorio su cui si estendeva la Parrocchia si ingrandiva e la popolazione aumentava e con essa le esigenze. Il 31 agosto 1972 veniva concessa l'autorizzazione alla costruzione del centro parrocchiale, una struttura capace di svolgere diverse funzioni per favorire incontri di persone che intendessero partecipare, a qualsiasi livello, alla vita della Parrocchia. Il centro venne inaugurato da Sua Emminenza il Cardinal Colombo il 1° maggio 1975. Don Angelo, con l'aiuto dei parrocchiani, cominciava a pagare i primi debiti per la costruzione del centro e già il suo pensiero volava obbligatoriamente al progetto per la costruzione di una chiesa in muratura, sebbene le assi di legno della chiesa, ora dotata di un sistema di riscaldamento moderno e di un'ampia sacrestia, continuassero a reggere il peso della croce. Con l'apertura del centro parrocchiale non si potevano più evitare quelle iniziative rivolte ai bambini e ai ragazzi che, solo per mancanza di strutture e non di forze, erano state rimandate: Innanzitutto la proposta dell'oratorio feriale estivo e dell'oratorio festivo invernale abbinato alla catechesi. A questo scopo Don Angelo, impossibilitato a far fronte da solo ai molteplici aspetti della condizione della parrocchia, chiedeva aiuto presso il Seminario diocesano di Venegono. 'E da allora ogni anno arrivò l'aiuto nella figura di un seminarista, entro l'anno novello Sacerdote, che metteva a disposizione tutta la propria preparazione, creatività e pazienza, per i bambini e i giovani, ai quali si affezionava e dai quali si sentiva voluto bene. Un affettuoso ringraziamento va agli ormai quindici ex seminaristi che hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia della parrocchia, così come una riconoscenza particolare è dovuta alle amiche suore della F.O.M. che da anni svolgono la loro missione tra i bambini, i catechisti e gli ammalati della parrocchia. Saldati i debiti per il centro parrocchiale, la necessità di una chiesa di mattoni divenne inevitabile non solo per non troppo abusare della Provvidenza Divina che vuole ancora ben conservata la chiesa di legno, ma anche perché il numero e l'orgoglio delle pecore esigono un ovile più ampio, più sicuro e, perché no?, più "Chiesa". Nel 1984 fu acquistato il terreno confinante con quello su cui sorge il centro e l'anno successivo veniva presa la decisione definitiva circa la costruzione della nuova chiesa. Due ordini di problemi subito si imposero: uno di carattere tecnico e uno di carattere economico. Del primo si fece carico l'architetto dott. Romano Garavaglia, del quale è il progetto della chiesa e che si ringrazia per le energie e il tempo spesi, perché tale progetto soddisfacesse le esigenze e i gusti sia "degli addetti ai lavori" presso la Curia sia dei parrocchiani. Si ringrazia inoltre per la valida collaborazione l'architetto dott. Virginio Balzarotti: Del secondo problema si fecero e si fanno carico i parrocchiani che grazie ad offerte, continue o eccezionali, hanno permesso di raccogliere una considerevole somma di denaro. A questo punto una menzione particolare va a quelle persone che instancabilmente si sono impegnate a garantire mensilmente una quota fissa di denaro, raccolta dagli altrettanti instancabili membri della "catena della solidarietà pro nuova chiesa". Inoltre non possiamo non rilevare la capacità dimostrata dal consiglio Amministrativo Parrocchiale e del signor Oldani Francesco nell'amministrare in modo fruttuoso tali offerte. L'approvazione del progetto della nuova chiesa e l'autorizzazione all'inizio dei lavori portano la data del 3 febbraio 1987. I parrocchiani si ritrovano insieme per la posa della prima pietra il 10 maggio dello stesso anno e nell'ottobre seguente l'impresa edile Albani Giacomo di Cologno al Serio (Bg) inizia la costruzione della chiesa. Nel frattempo si fa urgente l'esigenza, da tempo avvertita, della presenza stabile di un altro sacerdote che collabori con Don Angelo nella conduzione della parrocchia occupandosi specificatamente della catechesi ai ragazzi e ai giovani e dell'attività oratoriana. L'esigenza è finalmente soddisfatta e alla fine dell'agosto 1988 è inviato tra noi, come coadiutore, Don Mario Conti. I lavori di costruzione procedono con celerità e precisione e, nel tempo preventivato, viene portata a termine la realizzazione della chiesa che sarà inaugurata il 29 ottobre. Alla solenne celebrazione dell'Eucaristia sono invitati a partecipare tutti i parrocchiani che invocheranno la benedizione del Signore e rinnoveranno l'impegno a testimoniare una fede sempre più viva ed operante perché è nata con una chiesa di. legno e continua ora con una chiesa di mattoni.
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