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 IN PRIGIONE E SUL SENTIERO DI GUERRA

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MessaggioTitolo: IN PRIGIONE E SUL SENTIERO DI GUERRA   IN PRIGIONE E SUL SENTIERO DI GUERRA Icon_minitimeLun Mar 03, 2008 4:12 pm

Poco dopo il nostro arrivo nel Nuovo Messico furono inviate da San Carlos due compagnie di esploratori. Giunti a Bot Springs, mandarono a dire a me e a Victoria di andare in città. I messaggeri non riferirono i motivi della chiamata;
ma, poiché sembravano amichevoli, pensammo che desiderassero parlamentare e ci recammo a cavallo al convegno con gli ufficiali. Appena arrivati in città, ci vennero incontro dei soldati che ci disarmarono e ci portarono tutti e due al quartier generale, dove fummo processati dalla corte marziale. l Dopo averci posto qualche domanda lasciarono libero Victoria e condannarono me a essere rinchiuso nel posto di guardia. GH esploratori mi condussero in guardina e mi incatenarono. Quando chiesi loro la ragione di tutto questo, mi risposero che lo facevano perché avevo lasciato Apache Passo Non pensavo di essere mai appartenuto a quei soldati di Apache Pass, e neppure credevo di dover chiedere a loro dove sarei dovuto andare.
Le nostre bande non potevano più vivere insieme in pace: per questo ce n'eravamo andati tranquillamente con l'intenzione di andare a abitare con la banda di Victoria, dove reputavamo che nessuno ci avrebbe molestati. Anche altri sette apache furono condannati alle catene nel posto di guardia. Non capisco perché facessero ciò, dal momento che questi indiani si erano limitati a seguirmi da Apache Pass a Hot Springs. Se eravamo colpevoli per essere andati a Hot Springs (e io penso che non fosse una colpa), il biasimo doveva ricadere tutto su di me. Gli indiani chiesero ai soldati di guardia perché venivano imprigionati e incatenati, ma non ricevettero risposta.
Fui tenuto in prigione quattro mesi e durante questo periodo fui trasferito a San Carlos. Poi, penso, mi fecero un altro processo, sebbene non fossi presente. In realtà non so se ebbi un altro processo: mi dissero soltanto che l'avevo avuto, e a ogni modo fui rilasciato.
Dopo questi avvenimenti non sorsero altre difficoltà tra i soldati e noi, ma io non mi sentii mai più a mio agio in quel posto. Ci fu permesso di vivere sopra San Carlos in un luogo ora chiamato « Geronimo ». Qui c'era un agente che gli indiani chiamavano « Nick Golee». Tutto andò bene in quel posto per un periodo di due anni, ma noi non eravamo soddisfatti.
Nell'estate del 1883 correva voce che gli ufficiali avessero di nuovo intenzione di imprigionare i nostri capi. Queste dicerie servirono a ravvivare il ricordo di tutti i torti subiti in passato: il massacro nella tenda a Apache Pass, la sorte di Mangus-Colorado, la mia ingiusta prigionia, che avrebbe facilmente potuto significare per me la morte. Proprio in quell'epoca ci dissero che gli ufficiali volevano che risalissimo il fiume sopra a Geronimo fino a un forte (Fort Thomas) per avere un colloquio con loro. Pensando che da quell'incontro non poteva nascere nulla di buono, e ritenendolo del tutto inutile, ci radunammo in consiglio e stabilimmo di abbandonare la riserva per timore di tradimenti.
Reputavamo più degno per un uomo morire sul sentiero di guerra che essere ucciso in prigione.
In tutto c'erano all'incirca duecentocinquanta indiani, soprattutto apache bedonkohe e nedni, guidati da me e da Whoa. Oltrepassammo Apache Pass, e un po' a ovest di questo luogo ingaggiammo battaglia con truppe statunitensi. In questo scontro uccidemmo tre soldati e non subimmo perdite.
Proseguimmo verso il Vecchio Messico, ma due giorni dopo, verso le tre del pomeriggio, i soldati degli Stati Uniti ci raggiunsero; lottammo fino a sera. Le truppe ci attaccarono su un terreno molto accidentato: questo rappresentò un vantaggio per noi, perché il nemico fu costretto a smontare da cavallo per combattere.
Non so quanti soldati ammazzammo; noi perdemmo soltanto un guerriero e tre bambini. In quel periodo avevamo fucili e munizioni in abbondanza. Avevamo accumulato molti fucili e molte munizioni mentre vivevamo nella riserva;
altri ne avevamo ottenuti dagli apache White Mountain quando avevamo lasciato la riserva. Le truppe smisero di inseguirei; così proseguimmo verso sud fin quasi a Casa Grande, e ci accampammo nelle montagne della Sierra de Sahuaripa. Rimanemmo sui monti del Vecchio Messico per circa un anno. poi ritornammo a San Carlos, portando con noi un armento di cavalli e di bovini. Appena arrivammo a San Carlos il generale Crook, che era al comando, ci tolse i cavalli e le mucche. Gli dissi che quel bestiame non apparteneva agli uomini bianchi, ma a noi, che lo avevamo preso ai messi cani durante le nostre guerre. Gli dissi anche che non avevamo intenzione di macellare le bestie, ma che desideravamo tener1e per allevare bestiame nella nostra area. Andai a Fort Apache: il generale Crook diede ordine agli ufficiali, ai soldati e agli esploratori di fare in modo che io fossi arrestato, e mandò istruzioni di uccidermi se avessi opposto resistenza.
Gli indiani mi portarono questa informazione. Quando venni a conoscenza di questo piano d'azione, partii per il Vecchio Messico, e fui seguito da circa quattrocento indiani, apache bedonkohe, chokonen e nedni. A quell'epoca Whoa era morto, e Naiche era con me l'unico capo. Andammo a sud nel Sonora e ci accampammo nelle montagne. Le truppe ci seguirono, ma non ci attaccarono se non quando ponemmo l'accampamento sulle montagne a occidente di Casa Grande. Qui fummo aggrediti da esploratori indiani del governo. Un ragazzo fu ucciso, e quasi tutte le nostre donne e i nostri bambini furono fatti prigionieri. Dopo questa battaglia ci recammo a sud di Casa Grande e ci accampammo; ma, trascorsi pochi giorni, questo accampamento fu attaccato da soldati messicani. Fra noi e loro ci furono scaramucce tutto il giorno; qualche messicano cadde, poi invece non subimmo perdite.
Quella notte ci dirigemmo verso est e ci addentrammo tra le alture che precedono le montagne della Sierra Madre, e ponemmo un altro campo. Soldati messicani seguirono le nostre tracce, e dopo qualche giorno attaccarono di nuovo il campo. Questa volta i messi cani avevano un esercito molto numeroso; noi evitammo di lasciarci coinvolgere in un vero combattimento.
È stupido combattere quando non si può sperare di vincere.
Quella notte tenemmo un consiglio di guerra.
I nostri esploratori ci avevano annunciato la presenza di bande degli Stati Uniti e di truppe messicane in molti punti della montagna. Calcolammo che circa duemila soldati vagavano per queste montagne cercando di catturarci.
Il generale Crook era sceso nel Messico con le truppe degli Stati Uniti, e si era accampato sulle montagne della Sierra de Antunez. Poiché alcuni esploratori mi avevano detto che il generale Crook desiderava vedermi, mi recai nel suo campo. Quando vi arrivai, il generale Crook mi disse: « Perché hai lasciato la riserva?» Gli risposi: « Tu mi avevi detto che avrei potuto vivere nella riserva nello stesso modo degli uomini bianchi. Un anno coltivai Un campo di granturco, ne raccolsi la messe e la riposi; l'anno dopo seminai un campo di avena, e quando il raccolto era quasi pronto per la mietitura, tu hai comandato ai tuoi soldati di mettermi in prigione, e di uccidermi se opponevo resistenza. Se fossi stato lasciato in pace, ora sarei un uomo agiato, invece di essere qui braccato da soldati tuoi e messicani ». Il generale rispose: « Non ho mai dato simili ordini; le truppe di Fort Apache, che hanno diffuso queste voci, sapevano che non erano vere ». Allora acconsentii a tornare con lui a San Carlos. In quel momento facevo fatica a credergli.
Ora so che quel che disse non era vero, e sono fermamente sicuro che diede proprio ordine di mettermi in prigione o di uccidermi nel caso che avessi fatto resistenza.
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