MammeSocie
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
MammeSocie

Di tutto un po'.. rubacchiato nell'etere o improvvisato al momento ^^
 
IndicePortaleCercaUltime immaginiRegistratiAccedi

 

 GIOCHI ALL'APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE

Andare in basso 
AutoreMessaggio
Admin
Admin
Admin
Admin


Numero di messaggi : 493
Età : 104
Localizzazione : Ovunque
Data d'iscrizione : 26.10.07

GIOCHI ALL'APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE Empty
MessaggioTitolo: GIOCHI ALL'APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE   GIOCHI ALL'APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE Icon_minitimeLun Mar 03, 2008 8:23 pm

GIOCHI ALL’APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE

di Gamba di Legno, Cheyenne.

da A.Warrior who fought Custer, a cura di Thomas B. Marquis , pp. 39-45.



Nel 1930 il Marquis raccolse l’autobiografia di Gamba di Legno, un Cheyenne del Nord, nato fra le Colline Nere nel 1858. egli, dopo aver preso parte, nel 1876, alla battaglia di Custer, dettò la propria biografia facendosi capire a gesti, e solo di tanto in tanto scriveva qualche parole inglese. Lo aiutarono, in questo, alcuni elementi della sua stessa tribù, che controllavano e confermavano le sue affermazioni.



Racconta: Gamba di Legno, (Cheyenne).

I giochi descritti erano quelli praticati dalla maggior parte degli indiani delle Praterie nel XIX secolo.

Soprattutto le competizioni sportive erano quelle che ci interessavano. Si organizzavano corse di cavalli, gare podistiche, incontri di lotta, gare di tiro a segno con fucile e frecce, lancio di frecce a mano, gare di nuoto, di salto, e d’altro genere. Di solito, nella tribù, tali competizioni avvenivano tra i rappresentanti dei guerrieri appartenenti ai tre clan, quello dell’Alce, quello del Cane Pazzo, e quello della Volpe. Se insieme era accampata una tribù di Sioux o un altro gruppo abbastanza numeroso, gli incontri avvenivano tra i rappresentanti delle due tribù. Si facevano scommesse su ogni tipo di gara e si puntavano coperte, cavalli, abiti, gioielli, camicie, uose, mocassini, in una parola qualsiasi oggetto personale. La puntata era sempre alla pari. Gli oggetti venivano ammucchiati su una coperta, da una parte quelli di una scommettitore, dall’altra quelli del concorrente. Poi i vincitori si prendevano tutto e lanciavano alte grida di vittoria.

I guerrieri dell’Alce, il clan al quale appartenevo io, contavano nelle loro fila i migliori corridori. Il nostro uomo più veloce si chiamava Apache. Era alto quasi come me, ma molto più massiccio, e aveva cosce enormi. Una volta mentre eravamo accampati insieme agli Ogallala sulle rive del Fiume della Polvere, organizzammo una gara tra i campioni delle due tribù. Il corridore Ogallala era un tipo alto e snello: si chiamava Gambe Nere. Il percorso della gara era di circa millecinquecento metri o almeno lo credo, perché allora noi non avevamo misure per la distanze. Quattro amici per ciascuno accompagnarono i due contendenti al punto di partenza. Un colpo di pistola diede il segnale. Negli ultimi metri, il Sioux s’abbatté esausto. Anche Apache, il nostro campione, era stanchissimo, ma riuscì a coprire l’intero percorso. Naturalmente, i Cheyenne si presero tutte le puntate, innalzando un coro di evviva e sparando in aria con i fucili. “La medicina cheyenne gli ha spezzato le gambe”, dissero i Sioux quando l’uomo crollò.

Il vecchio capo Piccolo Lupo da giovane era stato un grande corridore, particolarmente adatto alle grandi distanze. Quella volta, tolto che si fu l’accampamento, i Cheyenne e gli Ogallala presero a marciare di conserva, e strada facendo si udivano molte battute, come: “Credo che i Sioux siano capaci di spostarsi più rapidamente dei Cheyenne” oppure : “Pare che i Cheyenne debbano andare un po’ più piano del solito per non lasciare indietro i loro amici Sioux”. Alla fine, un giovane Sioux sfidò per scherzo Piccolo Lupo a una gara di corsa.

“Come no,” accettò Piccolo Lupo,” certo che correrò con te.”

La carovana si arrestò e venne organizzata la gara. A quel tempo, Piccolo Lupo aveva già superato la cinquantina mentre lo sfidante Sioux era nel pieno della giovinezza. Ciò nonostante, i cheyenne scommisero senz’altro sul loro capo. Sulle coperte per raccogliere le puntate venne deposto un gran mucchio di oggetti. Quattro cheyenne e quattro sioux andarono coi due fino al punto di partenza stabilito, a cinque o sei chilometri di lì. Al segnale dato un colpo di pistola, la gara cominciò. Fino all’ultimo chilometro il giovane Sioux si mantenne decisamente in testa, ma poi cominciò a rallentare. Fu chiaro, invece, che Piccolo Lupo non aveva mai cambiato passo, perciò accorciò le distanze e, nell’ultima parte del percorso, andò in testa mantenendo sempre la stressa andatura, mentre la velocità dell’altro seguitava a diminuire. Piccolo Lupo vinse la gara con più di cento metri di vantaggio. Molto Sioux, anche qualcuno di quelli che avevano perso le scommesse, s’unirono ai Cheyenne per applaudire il vecchio.

Buon lottatore e uomo in possesso di forza eccezionale era Piccolo Falco. Assieme a Gobba-di-Bufalo, e a Lupo Coraggioso, costui una volta andò a razziare per gioco nell’accampamento, dopo che una grossa spedizione di cacciatori era tornata riportando un gran numero di bufali. Tutt’attorno all’accampamento si drizzavano pali carichi di carne posta a seccare. I tre giovanotti non avevano avuto fortuna a caccia, perciò decisero di prendere in prestito un po’ di roba dagli amici, e si diressero verso un tepee.

“Abbiamo bisogno di carne”, “affermarono”. I vostri pali sono sovraccarichi, e noi tre pensiamo che qui si potrebbe fare rifornimento. Ma Piccolo Falco intende lottare per ottenerla; se qualcuno di voi riuscirà a metterlo a terra, non porteremo via neppure un briciolo della vostra carne”.

Ma nessuno dei presenti accettò la sfida, e accadde la stessa cosa: tutti gli uomini presenti ebbero paura di battersi con Piccolo Palco, e anche qui i tre ladri per scherzo si rifornirono, attingendo alle abbondanti provviste. Nel tepee successivo, la faccenda fu un po’ più complessa. Dopo qualche scambio di parole, l’inquilino del tepee il quale parlava a nome di tutti gli altri disse: “Ecco qua Coscia Grossa: dice che si batterà con te.”

Si accordarono sulle condizioni dell’incontro. I due contendenti tennero addosso solo i pantaloni. Si riunì un gruppetto di spettatori, che ben presto diventò una vera e propria folla. Coscia Grossa e Piccolo Falco apparivano ugualmente fiduciosi nell’esito dell’incontro. Ed eccoli afferrarsi: tiravano, spingevano, saltavano, ora pareva in vantaggio uno, e ora l’altro. La folla degli spettatori urlava e ballava; c’era qualche sostenitore che applaudiva, ma per lo più trattava solo di manifestazione di gioia, per il piacere di assistere a quel combattimento fra i campioni della tribù. Dopo parecchi minuti di dura lotta senza un attimo di respiro, Piccolo Falco cominciò a calare e ad afflosciarsi. Coscia Grossa bloccò le braccia del suo avversario e lo mandò a finire cavalcioni sulla schiena del vinto e gli buttò addosso un pugno di fango. Raccolse anche una coperta piegata che era lì vicino, e se ne servì a mo di molle bastone, intendendo per quel gesto, ridurre in assoluta sottomissione il già sconfitto Piccolo Falco. Grida di congratulazioni salutarono il vincitore, mentre risa di scherno venivano rivolte all’indirizzo del perdente e dei suoi due alleati. A Lupo Coraggioso e Gobba-di-Bufalo, scherniti, pieni di vergogna e costretti a restituire la carne di cui s’erano impadroniti non restò che correre a nascondersi.

Spesso venivano organizzate gare di tiro a segno con fucili, pistole e frecce. Per le gare con le frecce, di solito il bersaglio era una sagoma umana di legno. A volte le frecce venivano tirate con l’arco, altre volte scagliate a mano. In ambedue i casi si teneva conto della precisione e della forza del tiro. Un’altra prova di abilità era rappresentata dal tiro con l’arco a breve distanza, e qui importanti elementi di successo erano un arco resistente e un braccio robusto. In tutte queste gare, di regola venivano concessi quattro tiri successivi a ogni contendente. Roba d’alta scuola erano i tiri a breve distanza, con cui si cercava di colpire perpendicolarmente un’altra freccia già scoccata da un avversario. Per lo più,i nostri fucili erano ad avancarica, e di solito le nostre pistole eran di quelle a capsula, con i proiettili fabbricati a mano. Il bersaglio da colpire con le armi da fuoco, di regola era rappresentato da un cerchio nero, largo come una mano, tracciato sulla scapola spolpata di un animale o su un albero scortecciato. Alle gare, con frecce o armi da fuoco che fossero, prendevano parte squadre di tre o più guerrieri. In molti casi, però, avevano luogo gare individuali. Poteva darsi che in queste ultime non si ottenesse altro che di farsi onore, ma poteva darsi che ci fossero in palio dei premi, aggiunti come incentivo al successo.
Torna in alto Andare in basso
https://supermamme.forumattivo.com
 
GIOCHI ALL'APERTO DEGLI INDIANI DELLE PRATERIE
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» RACCONTI ANTICHI DI INDIANI
» I DIVERTIMENTI DEGLI INDIANI A CONTATTO CON LA NATURA
» LA NARRAZIONE DELLE LEGGENDE
» GIOCHI DEI BAMBINI HOPI
» LA SCRITTURA IDEOGRAFICA DEGLI OJIBWAY

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
MammeSocie :: NATIVI AMERICANI :: STORIA :: I racconti antichi degli indiani d'America-
Vai verso: