Racconta: Talayesva.
L’ambiente è quello dell’Arizona attorno agli anni 1890.
Avevamo imparato a prendere gli scarafaggi e farli andare in circolo: li chiamavamo i nostri “cavalli selvaggi”, ma ci avevano ammoniti di non far loro mai del male, perché, a quanto i vecchi dicevano, erano buoni per curare certe malattie. Non giocavo mai con i ragni, per via della loro madre, la Donna Ragno. Non davo mai noia ai falchi e alle aquile appollaiate sui tetti delle case (uccelli in cattività, usati nelle cerimonie religiose), perché ci avevano detto che erano creature sacre.
Fabbricavamo collane di rospi cornuti e ce le mettevamo intorno al collo. Dicevano i vecchi: “ non date troppo fastidio ai rospi; sono spiriti, e ci possono aiutare. “se prendevo in mano una lucertola o un rospo cornuto, non ne avevo affatto paura. Una volta trattai male un rospo, e quello mi morse. Questo mi servì da lezione. Mi sarei ben guardato dal legare un rospo con una funicella, appendendolo al collo di un altro ragazzo, perché questi avrebbe potuto gettare via il rospo in malo modo, facendolo arrabbiare, e così sarebbe successa una disgrazia. In un primo tempo avevo preso l’abitudine di raccogliere piccoli serpenti, ma più tardi imparai che non era una cosa ben fatta. Un giorno ne uccisi uno piccolissimo, e fu qualcosa di spaventoso.
Davamo la caccia ai polli, bersagliandoli con pannocchie e con frecce finte con cui giocavamo. Eccitavamo i galli per divertirci a vederli combattere. Mio nonno mi insegnò che i polli erano gli animali prediletti dal dio Sole.
“Il canto dei galli, al mattino presto, è importante,” diceva: “Il dio Sole li ha mandati in terra per destare la gente. Egli fa squillare una campanella per far capire ai galli quando è ora di annunciare l’aurora ed essi cantano quattro volte prima che sorga il sole.”