MammeSocie
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
MammeSocie

Di tutto un po'.. rubacchiato nell'etere o improvvisato al momento ^^
 
IndicePortaleCercaUltime immaginiRegistratiAccedi

 

 EDUCAZIONE DEI BAMBINI

Andare in basso 
AutoreMessaggio
Admin
Admin
Admin
Admin


Numero di messaggi : 493
Età : 104
Localizzazione : Ovunque
Data d'iscrizione : 26.10.07

EDUCAZIONE DEI BAMBINI Empty
MessaggioTitolo: EDUCAZIONE DEI BAMBINI   EDUCAZIONE DEI BAMBINI Icon_minitimeLun Mar 03, 2008 8:26 pm

di Ohiyesa,

da Indian Boyhood, pp.49 e sgg.



Racconta Ohiyesa, Sioux:

I costumi descritti sono quelli dei Sioux Santee, i quali vivevano nella Columbia Britannica negli anni attorno al 1860.

Si suppone di solito che, presso gli aborigeni di questa terra, non esistesse un sistema di educazione dei bambini. Nulla di più lontano dalla verità. Tutte le usanze di questi popoli primitivi erano ritenute di origine divina, e quelle connesse all’educazione dei figli erano scrupolosamente seguite e tramandate di generazione in generazione.

I genitori che attendevano un figlio, univano i loro sforzi per cercare di trasmettere al nascituro quanto di meglio avevano ereditato dai loro antenati; così, una donna indiana, incinta, spesso sceglieva, come modello per il bambino, i maggiori personaggi della famiglia e della tribù, e non passava giorno senza che ricordasse l’eroe. Attingeva alla tradizione di imprese e gesta audaci, e quando era sola le riviveva fra sé e, perché l’impressione riuscisse più chiara, evitava la compagnia della gente. Si isolava, passeggiava tutta sola, non certo con la mente distratta, ma facendo la massima attenzione alla magnificenza dello scenario naturale.

Gli indiani credevano anche che certe specie di animali potessero esercitare la loro influenza sul nascituro, conferendogli qualità particolari, mentre altri erano in grado di produrre un’impressione così spiacevole, che il bimbo rischiava di diventare un mostro. Se il piccolo nasceva con il labbro leporino se ne dava la colpa di solito al coniglio, il quale, si diceva, aveva gettato il malocchio sulla madre e impresso le proprie fattezze al piccolo. Alla donna incinta si rifiutava perfino la carne di certi animali, perché si supponeva che influisse sul carattere e sui lineamenti del bimbo.

Appena il futuro guerriero faceva il suo ingresso nella vita, veniva accolto da ninne-nanne che parlavano di meravigliose imprese di caccia e di guerra. Le idee che occupavano con tanta intensità la mente di sua madre prima che nascesse, venivano ora tradotte in parole da tutte le persone che stavano attorno al bambino, anche se questi era ancora del tutto insensibile a tali appelli al suo onore e alla sua ambizione. Ad esempio, lo chiamavano futuro difensore del suo popolo, e affermavano che le loro vite dipendevano dal suo coraggio e dalla sua bravura. Se si trattava di una femminuccia, fin dai primi giorni le si rivolgevano come alla futura madre di una nobile schiatta. Nei canti di caccia, entravano i principali animali; questi si presentavano al bimbo offrendo i loro corpi per il sostentamento della tribù. Gli animali erano considerati suoi amici e se ne parlava quasi come di tribù di altri uomini, o come di cugini, nonni e nonne. Anche le canzoni d’amore, trasformate in ninne-nanne, erano ugualmente fantasiose, e in esse, mentre gli innamorati restavano uomini, le belle fanciulle si trasformavano in visoni e daine.

Giovanissimo, il ragazzo indiano si assumeva il compito di conservare e tramandare le leggende degli antenati e della razza. Quasi ogni sera, uno dei genitori o dei nonni narrava una fiaba o un episodio reale avvenuto nel passato, e il ragazzo ascoltava a bocca a aperta, gli occhi lucidi. La sera seguente, di solito gli si chiedeva di ripetere il racconto. Se non era un buon allievo, aveva un compito piuttosto duro, ma generalmente il ragazzo indiano è un buon ascoltatore e ha un’ottima memoria, e quelle storie venivano mandate a mente con facilità. La famiglia diventava il suo uditorio, dal quale, volta a volta, era criticato o applaudito.

Questo tipo di insegnamento, dunque, educa fin dalla nascita la mente del ragazzo e sprona la sua ambizione. Il concetto della propria carriera futura diviene una forza viva e irresistibile. Qualsiasi cosa ci sia da imparare, il ragazzo deve impararla; qualsiasi qualità sia necessaria a un uomo per essere davvero grande, il ragazzo deve acquistarla, a costo di qualunque pericolo o fatica. Questi erano i principi che s’impartivano al giovane indiano per farlo crescere forte e ricco di fantasia. Già nei primi anni di vita, egli comprendeva perfettamente che doveva abituarsi alla solitudine e a non temere né odiare le impressioni che la solitudine di solito genera.

Non si tralasciavano certo le norme di cortesia e i principi morali, e fu così che m’insegnarono a rispettare gli adulti e soprattutto i vecchi. Non m’era permesso di intervenire nelle discussioni fra persone anziane, e neppure di parlare in loro presenza, a meno che non fossi stato espressamente invitato a farlo. L’etichetta indiana era rigidissima,, e una delle norme era quella che imponeva di non rivolgersi mai agli interlocutori chiamandoli per nome: di solito, infatti, colui che voleva mostrare il proprio rispetto usava il termine che indicava il grado di parentela oppure un titolo di cortesia. Ci veniva insegnata la generosità verso i poveri e la venerazione per il “Grande Mistero”. La religione stava alla base di tutta l’educazione indiana. Ancor oggi mi ricordo di certi rimproveri o ammonimenti, detti in tono gentile, che la mia buona nonna aveva l’abitudine a rivolgermi: “ Sii forte , sii paziente!” era solita dirmi. Mi parlava di un giovane capo noto per i suoi scatti d’ira incontrollata: una volta, durante uno dei suoi impeti di rabbia, tentò di uccidere una donna, e per questo motivo fu messo a morte dal suo stesso gruppo e, in segno di disonore, non gli fu data sepoltura: il suo corpo fu semplicemente coperto di erba verde. Quando perdevo il controllo di me stesso, la nonna diceva: “Controllati, o finirai come quel giovanotto di cui ti ho parlato, messo a giacere sotto una coltre verde.”

Un tempo, a nessun uomo era permesso l’uso del tabacco, in qualunque forma, finché non fosse diventato un guerriero famoso e avesse compiuto qualche impresa. Se un giovanotto cercava moglie prima d’aver compiuto ventidue o ventitrè anni, e d’essersi dimostrato un uomo coraggioso, ci si burlava di lui e lo si considerava un indiano male educato. Doveva anche essere un abile cacciatore, perché un uomo non poteva essere un buon marito se non portava a casa selvaggina in abbondanza.

Precetti, questi, che appartenevano al genere di educazione necessaria per chi viveva a contatto con la natura.
Torna in alto Andare in basso
https://supermamme.forumattivo.com
 
EDUCAZIONE DEI BAMBINI
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» bambini al telefono
» I DIVERTIMENTI DEGLI INDIANI A CONTATTO CON LA NATURA
» GIOCHI DEI BAMBINI HOPI
» Tutte le balle sulle vitamine e sui cibi per bambini

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
MammeSocie :: NATIVI AMERICANI :: STORIA :: I racconti antichi degli indiani d'America-
Vai verso: